11.9.09

QUIZ SHOW!


Dove finisce la nobiltà? Forse laddove iniziano le frasi fatte. Si sente parlare con disprezzo di musica commerciale. Ma cos'è poi veramente la musica commerciale? A cercare di definirla si fa grande fatica. Potremmo dire che è musica composta esplicitamente e unicamente per vendere. Ma come facciamo noi ascoltatori a sapere che quel cantante mentre componeva pensava solo alle vendite future? Qual è il cantante che non vorrebbe vendere? Se non lo volesse non pubblicherebbe i suoi dischi. Si potrebbe allora dire che è una musica di facile fruizione, semplice, con testi banali. Ma molte delle canzoni non commerciali che hanno fatto la storia erano semplici, spesso con testi infantili ("Imagine" credo sia un esempio). Forse una definizione non la si trova. Il punto allora è un altro: dicendo "musica commerciale" non vogliamo indicare una musica che sia commerciale. Spesso è solo una questione di snobbismo: la musica commerciale è "quella che non piace a me", mentre quella non commerciale è "quella che ascolto abitualmente". Si vuole parlare bene di un certo tipo di musica ma si riesce a farlo solo denigrando un altro tipo di musica.
Nella tv è la stessa cosa: si sente dire che la tv fa schifo, che basta con Maria De Filippi, o con i quiz show (vedi le critiche di Eco a Mike Bongiorno). Chi fa affermazioni del genere poi si affatica ad arguire che è una tv che non fa pensare, che omologa, ecc. Anche questi discorsi sono in realtà poveri, non perché non sia giusto avere programmi televisivi culturali, ma perché è giusto che ci siano e i programmi commerciali e quelli non commerciali. Con un solo tipo di programmi la tv (e la mente) risulta impoverita. [La questione è del resto complicata, parlando di tv, perché c'è la celata influenza del potere politico ultimamente molto pressante.] Tuttavia, una tv che proponesse accanto a programmi di inchiesta e approfondimento culturale, programmi evasivi, non sarebbe male. Lo snobbismo televisivo e musicale nasce dal voler monopolizzare i gusti altrui proponendo una musica tutta fatta da cantautori (per fare un esempio) e una tv tutta culturale. La musica è anche piacere puro, così come la tv è anche evasione pura. L'uomo ha tante dimensioni, quella intellettuale è solo una di queste.
La nobiltà di pensiero muore nelle nelle opinioni pseudo-intellettuali e nelle critiche sine nobilitate.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo i musicologi per commerciale si intende un pezzo poco elaborato il più delle volte della durata di circa un minuto e mezzo e con generalmente un ritmo di 4/4.
Rientrano nella categoria commerciale anche pezzi che hanno fatto la storia della musica.

Giuseppe ha detto...

Ma pezzi di un minuto e mezzo non ce ne sono molti in giro. Poi il ritmo di quattro quarti è forse il più diffuso. Non mi sembra una definizione molto stringente. La parola stessa "commerciale" non sembra far riferimento a un ritmo o a una durata o forse fa riferimento anche a questo, ma secondo me c'è anche dell'altro dietro.

Ismael ha detto...

Penso che una definizione convenzionale sia necessaria, soprattutto in una società di consumo di massa come la nostra. Ma dietro questa sottile facciata le cose si mescolano fino a far cadere molte delle comuni distinzioni. Una canzone è un'opera d'arte, è come un quadro: osservandolo provo delle emozioni, a prescindere dalle intenzioni dell'autore, ed è questa la sua forza. Una canzone, allo stesso modo, mi porta ad uno stato d'animo, a dei pensieri che sono solo miei, e i motivi di tutto ciò sono da ricercare dentro di me. Ecco perchè una seria critica musicale è difficile e ha precisi limiti. Diversa è la questione dei programmi tv, che hanno invece un contenuto più preciso ed evidente e quindi meglio sottoponibili a critica. Certo, posso continuare a guardare programmi evasivi, per qualsiasi motivo personale (come per le canzoni), ma questo non fa cadere la possibilità di critica.