3.4.10

Gentiluomini terroni e pedofili


Un vero gentiluomo si comporta spesso in modo difforme dalla società che lo circonda perché sa che, in alcuni casi, è bene non ascoltare nè guardare gli altri. Ci sono momenti in cui bisogna guardare solo dentro di sé e ascoltare la propria volontà e - quando c'è - la propria forza.
In questi giorni due episodi mostrano come sia difficile fare il "gentiluomo". Sono due casi che descrivono una situazione immancabile nella vita di ciascuno: il momento in cui si riceve una critica fondata.

Le vittime dei preti pedofili sono state zittite per decenni dal grigiore delle burocrazie e gerarchie ecclesiastiche, ma anche dall'indifferenza della società civile. I muri di gomma, che hanno respinto le timide e imbarazzate richieste di aiuto, sono venuti meno negli ultimi mesi e uno stillicidio di denunce invade ogni giorno giornali e telegiornali. Sembra chiaro come la pedofilia sia un problema reale nella chiesa cattolica come nel resto della società. Ma le accuse che piovono su preti, vescovi, arcivescovi nonché sul Papa, disgustano maggiormente. Perché ci si ostinava a difendere la "vita" dell'embrione, nel momento in cui non si rispettava una vita concretamente realizzatasi come quella del bambino o dell'adolescente?
Se fossimo comportamentisti e dovessimo giudicare le intenzioni dai comportamenti, diremmo che l'indifferenza e il silenzio della Chiesa sulla pedofilia testimoniano il profondo attaccamento ad un altro valore astratto: il potere (altro che la "Vita"). Il potere è conservato, preservato e perpetuato con grande cura. Chi se ne frega della salute psichica dei bambini violentati: davanti al mistero della Vita e al valore irriducibile dell'embrione tutto passa in secondo piano.

La Lega è stata la vera trionfatrice delle recenti elezioni regionali. In questi momenti di giubilo riemergono le vecchie questioni irrisolte. Un avanzamento politico della Lega sul territorio nazionale dà voce alle critiche contro i "terroni" piagnucoloni, inefficienti, malati di assistenzialismo. Mafiosi.

Gli imputati nei due episodi che ho rapidamente menzionato sono inequivocabilmente: le Chiesa (in tutti i suoi livelli) e i "meridionali" (con tutti i loro atavici difetti). Personalmente penso che sia giusto che gli imputati siano questi: credo che la Chiesa sia colpevole e i che i terroni abbiamo davvero molti dei difetti che vengono loro imputati. Lascio da parte il principio di precauzione e i doverosi distinguo: non ci porterebbero da nessuna parte.
E c'è un motivo, un motivo pragmatico. Con le difese d'ufficio e i distinguo del caso tutto rimane così com'è.

Quando qualcuno ci accusa ed ha ragione di farlo, la nostra risposta può essere duplice: o farci prendere dall'orgoglio, negare le nostre responsabilità e rinfacciare all'accusatore le sue colpe ben più gravi delle nostre; oppure si può chinare il capo, guardarsi dentro e cercare di "riparare", "correggere" i propri sbagli, in una parola "migliorare" o - che è lo stesso - "crescere". Quest'ultima opzione a mio avviso descrive bene ciò che si intende di solito quando si parla di "comportarsi da gentiluomo". È la soluzione più difficile perché implica un dimenticare se stessi, accantonare il proprio orgoglio, rinunciare a una legittima difesa, passare per il fesso della situazione. È un comportamento che oltre a mostrare una grande levatura morale porta ad una fecondità pratica: ci si concentra sul proprio miglioramento ascoltando l'onestà intellettuale più che l'orgoglio.

Ritornando ai due casi di prima: la Chiesa potrebbe guardarsi intorno e dire: la pedofilia c'è anche altrove; le violenze sessuali sono presenti anche nelle famiglie; le donne sono spesso violentate dai loro uomini. Può addirittura dire "ragazzi, ok....ora state esagerando". Ed infatti è proprio ciò che fa: rispondere alle critiche esterne criticando il critico.
La Chiesa è lontanissima dal comportarsi come un gentiluomo: alle critiche esterne il gentiluomo risponde criticando se stesso. Solo allora sarà pronto a controbattere ad un eventuale - e sottolineo eventuale - eccesso di critica ricevuta.

Il terrone potrebbe rispondere al leghista che la forza lavoro e le risorse del meridione hanno da sempre alimentato la prosperità "padana", che gli imbrogli ci sono anche al nord, ecc.. E infatti è questo quello che risponde il terrone. Ma in cuor suo, in cuor mio, sappiamo che c'è della verità nelle odiose parole ascoltate: siamo spesso patetici, inefficienti, troviamo scuse per ogni cosa.

Un terrone gentiluomo si fa carico delle legittime critiche, riconosce che dall'esterno si giudica meglio e spesso ci si prende, quindi si dà da fare. Cerca di "migliorare". Poi - forse - arriverà anche il momento dell'orgoglio, del criticare chi ci ha criticato. Ma da una posizione diversa, dalla posizione di chi ha fatto ciò che doveva fare, la posizione dell'onesto (in tutti i sensi) gentiluomo.

Davanti ad una critica l'orgoglio ci dice di criticare il critico. Si dimenticano due passaggi intermedi, tipici del gentiluomo: ascoltare la critica e migliorare. È una cosa talmente banale da essere spesso inattuabile: il gentiluomo fa il gioco degli altri per poter fare il proprio gioco.

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