16.12.10

Abbracci



Ogni sera, nei talk-show, marmaglie di politici si affrontano per l'onore e per gli elettori. Potrebbe sembrare che in queste raffinate contese ognuno cerchi la vittoria. E, forse, nelle intenzioni è così.
Ma, appena il politico di turno, presa la parola, capisce che ciò che sta dicendo sarà (a ragione) smentito dall'avversario e che l'avversario stesso potrà (a sua volta e a ragione) essere smentito, passa sulla difensiva. Gli iniziali sogni di gloria si tramutano in speranza di non farsi sopraffare. Sia ben chiaro: in questi pensieri non è solo. Mi piace credere che si crei con l'avversario una spontanea corrispondenza di amorosi sensi per la quale ognuno decide di ottimizzare le perdite con un vile pareggio. Si parla di perdite, di salvare la faccia, perché la contesa avviene su opinioni, non su fatti. I fatti latitano e nessuno ha le carte vincenti: resta la retorica.
Nella boxe arriva il momento in cui i pugili si abbracciano, "legano", per prendere fiato ed evitare di subire altri colpi. Una mossa scorretta e, difatti, il regolamento professionistico recita:


"È vietato e costituisce fallo avvincere o stringere l’avversario, trattenerlo, trattenergli le braccia o il pugno, lottare, «legare»; passare il braccio sotto quello dell’avversario e, comunque, ostacolarne l’azione".

Sarebbe un bel pasticcio se per i talk-show valesse la stessa regola, se i politici potessero scazzottarsi davvero, rinfacciandosi fatti e non opinioni. E così, in virtù di un tacito accordo e di un'ancor più tacita paura, i politici si avvolgono in un bellicoso abbraccio fatto di sondaggi opposti, di reciproche accuse, di lagne per essere sempre interrotti sul più bello. Guarda caso, proprio quando si stava per arrivare al dunque...










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